TAC e Risonanza magnetica: i metodi di diagnosi per eccellenza

tac - risonanza magnatica

Tac, la tomografia assiale computerizzata


Dalla nascita della radiografia, poco più di cento anni fa, la grande rivoluzione nel campo della diagnostica per immagini si è avuta nel 1970 con l'avvento della Tac, la tomografia assiale computerizzata. Ideata dall'ingegnere inglese Godfrey Hounsfield sulla base di un metodo ideato dall'americano Allan McCormack nel 1963, la Tac consente di visualizzare qualsiasi sezione del corpo come se questo venisse affettato.


Alla sua base c'è l'elaborazione da parte di un computer dei diversi valori di assorbimento di un fascio di raggi X, emesso da un tubo, da parte delle strutture anatomiche attraversate. Il fascio, attenuato in modo diverso dai vari tessuti dell'organismo, colpisce una serie di detettori che generano impulsi elettrici successivamente digitalizzati. Infine, un computer ricostruisce l'immagine in forma analogica.


Se all'inizio un esame alla Tac richiedeva molto tempo, già alla fine degli anni Ottanta gli apparecchi di quarta generazione utilizzavano da 1200 a 4800 detettori, permettendo una drastica riduzione dei tempi di scansione fino a 1-2 secondi.


Nel 1989 è stata poi introdotta una nuova tecnica di scansione, chiamata Tac a spirale o Tac volumetrica.


In questo tipo di apparecchio il sistema tubodetettori ruota in maniera continua mentre il lettino su cui è sistemato il paziente si muove in avanti. I dati così ottenuti possono essere ricostruiti scegliendo lo spessore più idoneo (da uno a cinque millimetri) e consentendo l'esecuzione di ricostruzioni a due o tre dimensioni di qualità eccellente. Tanto che oggi è possibile eseguire un esame di tutto il corpo in poco più di un minuto.


La Tac volumetrica permette inoltre di acquisire una sezione corporea nella fase desiderata del circolo sanguigno, ottenendo così una vera e propria angiografia (l'esame di vene e arterie). Lo sviluppo dei software di elaborazione dell'immagine permette adesso, per esempio, anche una ricostruzione virtuale dell'interno dei bronchi, del colon e dei vasi sanguigni.


Tutto ciò ha ampliato enormemente i campi di applicazione della Tac, usata oggi anche per controllare, dopo le varie fasi della terapia, le condizioni degli ammalati di tumore o di patologie del sangue (linfomi, leucemie). Oppure per compiere indagini precise alla ricerca di malattie vascolari (stenosi carotidee, embolie polmonari, aneurismi e trombosi venose).


La possibilità di tenere sotto controllo i progressi del paziente dopo una terapia (medica o chirurgica) o la comparsa di un'eventuale ricaduta consente anche di somministrare più oculatamente i farmaci e rendere ottimali i tempi di degenza, con riflessi positivi anche sull'impiego di risorse umane e sanitarie.



Risonanza magnetica


Nata nel 1946 per compiere indagini sulla struttura dei materiali, la risonanza magnetica (Rm) è stata proposta come tecnica di diagnosi in medicina nel 1973 dal fisico americano Paul Lauterbur.


Diversamente dalla Tac, che impiega raggi X, non utilizza radiazioni ionizzanti ed è quindi priva di effetti indesiderati sul paziente. Le immagini della Rm sono analoghe a quelle della Tac, ma forniscono un'informazione diagnostica più elevata in molti casi clinici.


Le attrezzature più recenti (Rm aperta) non costringono più il paziente a infilarsi nel canale dell'apparecchio, riducendo quindi il senso di claustrofobia e altri disagi.



A cosa serve la risonanza magnetica?


La Rm è, nella maggioranza dei casi, la tecnica d'indagine migliore nella valutazione di funzioni e malattie del cervello e del midollo spinale. E possibile, per esempio, documentare la presenza della sclerosi multipla osservando le modificazioni create dalla malattia sull'attività cerebrale, anche nei casi in cui l'esame compiuto con la Tac non documenta alcuna alterazione.


Nella diagnosi delle malattie dei vasi sanguigni la risonanza magnetica può oggi fornire immagini simili a quelle di una arteriografia convenzionale, che invece si ottiene utilizzando i cosiddetti mezzi di contrasto (cioè sostanze, spesso radioattive, da somministrare al paziente).


Alcuni tipi di risonanza magnetica (detti "con diffusione" o "con perfusione") permettono per esempio, già nei primi minuti dopo un ictus, di identificare il danno nelle aree cerebrali colpite e vedere in che misura queste siano ancora irrorate dal sangue. Ma le applicazioni di questa tecnica diagnostica si stanno ampliando a un numero sempre maggiore di organi.


Esistono già interessanti prospettive per identificare con la Rm il reale danno al muscolo cardiaco in seguito a un infarto, migliorando la previsione sulle possibilità di recupero del cuore. Ed è possibile esaminare le arterie coronarie (quelle che forniscono sangue, e quindi ossigeno, al cuore) senza dover introdurre cateteri nell'organismo.


Con la Rm si possono esaminare non solo strutture e articolazioni come la colonna vertebrale, il ginocchio, la caviglia e così via, ma anche organi come fegato, pancreas, reni.


Cosa ancora più importante per il paziente, la risonanza magnetica consente diagnosi accurate di alterazioni o malattie di prostata, vescica, utero, ovaie senza la necessità di sottoporre questa parte dell'addome (che ospita gli organi riproduttivi) alle radiazioni ionizzanti legate ad altre tecniche di indagine. E recentemente è stato possibile, con la Rm, valutare la natura benigna o maligna di alcune formazioni della mammella, riscontrate dopo un esame mammografico o ecografico.



Risonanza magnetica nucleare: prospettive future


La risonanza magnetica nucleare (Rmn) svolge un ruolo molto importante per diagnosticare e curare molte malattie cerebrali. Attraverso i dati acquisiti dal computer durante la breve esposizione del paziente al campo magnetico, è possibile studiare, nei tre piani dello spazio e con nitidezza di immagini, non solo il tessuto cerebrale vero e proprio ma anche strutture come vene e arterie, nervi cranici, sia dal punto di vista diagnostico, sia da quello chirurgico affinché il medico possa scegliere la via ottimale da seguire per l'intervento.


Questi dati però definiscono le caratteristiche di forma e struttura (morfologiche) del cervello, non quelle relative alle sue funzioni. Ma conoscere queste ultime è di grande importanza. Intanto, da un punto di vista strettamente conoscitivo, per sapere quali aree vengono messe in funzione nelle varie attività mentali, senso riali e di pianificazione dei movimenti del corpo.


Poi, per fornire al medico importanti indicazioni sulle funzioni del cervello relative alle zone in cui dovrà intervenire con un'operazione chirurgica. In passato, per disegnare la mappa delle funzioni cerebrali si utilizzavano sistemi indiretti, come l'osservazione delle capacità che risultavano ridotte nei pazienti che per diversi motivi avevano perduto la funzionalità di alcune aree del cervello.


Ma si trattava, comunque, di dati imprecisi. I progressi tecnologici applicati alla risonanza magnetica sembrano oggi aver finalmente superato questi limiti. È infatti possibile individuare le aree del cervello messe in maggiore attività nelle situazioni più diverse, come per esempio muovere, o semplicemente pensare di muovere una mano; oppure immaginare o vedere una figura geometrica; oppure ancora ascoltare una voce o un suono e così via.


Queste funzioni determinano infatti un maggiore afflusso di sangue in tali aree, rilevabile da apparecchiature dette di risonanza magnetica funzionale. In questo modo il medico agisce sempre meno al buio e, oltre a pianificare meglio l'intervento, può valutare meglio le possibilità, i tempi e i limiti del recupero funzionale post-operatorio e poi, informando consapevolmente il paziente o i suoi parenti, decidere la strategia terapeutica più adeguata.


Una nuova tecnica di indagine sulle funzioni del cervello è anche l'encefalografia magnetica (Meg), che si basa invece sulla rilevazione dell'attività elettrica delle cellule del cervello coinvolte in una determinata funzione.


Queste infatti generano un debolissimo campo magnetico, pari a circa un centomiliardesimo del campo magnetico terrestre, che viene rilevato da una serie di sensori chiamati «Squid», dalle iniziali inglesi di dispositivo superconduttore a interferenza quantistica.


Sovrapponendo alle immagini della risonanza magnetica i dati funzionali ottenuti con la Meg, si possono così individuare le varie aree funzionali cerebrali di ogni persona. E può darsi che le indagini con la Meg non serviranno solo nelle diagnosi, ma aiuteranno anche a comprendere meglio dove si forma il pensiero.