Allergie: cosa sono e come si manifestano

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Starnuti, infiammazione delle mucose, occhi che lacrimano: le allergie sono in aumento in tutto il mondo. Ma perché alcuni ne soffrono e altri no? Che cosa succede nell'organismo? Come mai, paradossalmente, proprio le migliori condizioni igieniche e l'uso degli antibiotici favoriscono la sua diffusione?


Anno dopo anno, la primavera è una stagione gioiosa per un numero sempre più basso di persone. Mentre la temperatura, i colori, la durata dei giorni spingono molti all'aria aperta, una quota crescente di uomini e donne vede nei germogli, nelle gemme sui rami, nei primi fiori nei campi, nei ciuffi d'erba sui muri, i segni di un'ennesima stagione di fastidi, a volte anche pesanti: sanno infatti che, presto o tardi, magari in autunno, il nuovo ciclo di vita vegetale porterà con sé i pollini, uno degli stimoli più potenti delle reazioni allergiche.


Costoro si aggiungono quelli che non sapremmo se definire più fortunati o più sfortunati, i quali tutto l'anno vanno incontro a reazioni allergiche verso alcuni cibi o, peggio, verso invisibili, impalpabili molecole prodotte, a loro insaputa, den tro la loro stessa casa.


È ormai un fatto chiaro: le allergie sono in netto aumento nel mondo occidentale e colpiscono, per esempio negli Stati Uniti, quasi il 30 per cento della popolazione. In genere, la medicina non si interroga con molta attenzione sulle variazioni di incidenza delle diverse malattie, anche se da queste oscillazioni possono venire spunti per la definizione delle loro cause, ma un fenomeno di queste proporzioni non poteva non stimolare anche il ricercatore più distratto.


E infatti sono state avanzate alcune spiegazioni, che potranno a prima vista apparire paradossali. Per comprenderle meglio occorre però procedere con ordine.



Cosa sono le allergie?


Le allergie sono disordini infiammatori scatenati dall'incontro di una sostanza, chiamata allergene, con componenti del sistema immunitario, molecole o cellule. Nella grande maggioranza dei casi, a innescare il fenomeno è la reazione dell'allergene con una particolare classe di anticorpi, le immunoglobuline E (IgE).


Il polline di alcune piante, determinati cibi, la desquamazione cutanea di animali domestici e il microscopico corpo di un insetto, l'acaro Dermatophagoides pteronyssinus, contengono sostanze capaci di indurre, in alcune persone (chiamate allergiche o atopiche), la produzione in grandi quantità di IgE e successivamente di reagire con questi anticorpi.


Diciamo subito che, per almeno un paio di decenni, le IgE sono state un vero rompicapo per gli immunologi, che non riuscivano a definire la loro funzione, se non come induttori di malattia: in altre parole, appariva inspiegabile come queste molecole si fossero conservate nell'evoluzione, nonostante la loro apparente incapacità di fornire vantaggi adattativi agli individui, anzi...


Oggi finalmente sappiamo che il tipo di reazione che esse scatenano è essenziale per i processi di eliminazione di numerosi parassiti, soprattutto intestinali. Se da un lato questa nuova conoscenza tranquillizza il ricercatore, dall'altro è forse di poco conforto per chi si trova a scegliere tra lo starnutire centinaia di volte al giorno per un paio di mesi l'anno o fare il pieno di farmaci quantomeno soporiferi.


Più raramente, le allergie sono determinate da meccanismi completamente diversi, come l'incontro di alcune sostanze — per esempio il cromo dei cinturini metallici degli orologi o molecole del lattice dei guanti da cucina — con determinati linfociti T (cellule del sistema immunitario) delle persone allergiche.


In ogni persona, anche in quelle sane, le IgE sono localizzate in zone specifiche, che spiegano molto bene il loro ruolo nelle allergie: la membrana di superficie di due tipi di cellule molto simili tra loro, le mast-cellule e i granulociti basofili.


Queste cellule si distribuiscono soprattutto nella cute e lungo le mucose respiratorie e digerenti e sono quindi strategicamente collocate lungo la via seguita dagli allergeni. Negli individui normali la quantità delle IgE, soprattutto di quelle specifiche per gli allergeni, è infinitesima o del tutto assente, negli allergici la quantità è invece elevata, spesso assai elevata.


È fatale che in queste condizioni si realizzi il legame pericoloso che scatena la seguente cascata di eventi: l'allergene entra in contatto con la IgE che a sua volta trasmette un segnale all'interno della mast-cellula o del basofilo, i quali rilasciano di conseguenza una serie di composti chimici — primo tra tutti l'istamina, ma anche leucotriene e proteasi — che alla fine agiscono sui vasi sanguigni, sulle mucose e sui tessuti circostanti: in una parola, provocano la classica allergia.


Questa, nei casi più lievi, fortunatamente i più frequenti, come le pollinosi, è caratterizzata da rinite, starnuti, lacrimazione, o poco più: fastidiosa per quanto si vuole, ma non grave.



Allergie: cosa provocano?


Purtroppo alcuni pazienti, in particolare quelli affetti da allergie alimentari, al momento del contatto con l'allergene vanno invece incontro a reazioni a volte drammatiche, come il rigonfiamento delle palpebre e delle labbra, ma soprattutto delle mucose delle vie aeree, che si ostruiscono determinando un ostacolo alla respirazione: è questo il quadro del temibile e talvolta mortale edema della glottide o dell'attacco acuto di asma allergico.


Più subdolo è il caso delle allergie alle polveri di casa (delle moquette, dei tappeti, dei materassi), dove cresce l'acaro, che rilascia allergeni in grado di stimolare costantemente il sistema immunitario e dare origine, nei pazienti allergici, a disordini cronici, come la malattia asmatica, che infatti spesso (anche se non sempre) è di natura allergica.



Come combattere le allergie?


Rifugiarsi, barricarsi, sigillarsi, per sfuggire alle malefiche molecole e impedir loro di generare le IgE patogene? Purtroppo, questo sarebbe non solo assai difficile e terribilmente noioso, ma soprattutto del tutto errato.


Il sistema immunitario, infatti, non viene istruito a reagire, a produrre anticorpi o altre molecole, dalle sostanze estranee che esso incontra: queste non agiscono come stampi su cui si modella la molecola immunitaria, ma si limitano a selezionare, da un enorme repertorio di molecole già presenti, preformate all'interno dell'individuo, quella capace di combinarsi meglio con loro, inducendone una massiccia produzione.


L'aver scoperto la modalità selettiva di funzionamento del sistema immunitario ha assicurato a sir Macfarlane Burnet il premio Nobel nel 1960. La dimensione e la qualità del repertorio di anticorpi di un individuo sono quindi innanzitutto determinate dal suo corredo genetico e, in questo contesto piuttosto rigido, solo secondariamente influenzate dalle esperienze di contatti con agenti estranei.


Ne consegue che l'avere o meno IgE specifiche per il polline della parietaria — l'oleografica erbetta che cresce sui muri diroccati delle case di campagna e che tutti abbiamo incontrato chissà quante volte nella nostra vita — non è responsabilità dell'innocuo vegetale, ma dipende in misura critica da come il sistema immunitario di ciascuno di noi è strutturato e regolato.


Assai meno rilevante di quanto solitamente si creda, sembra invece il ruolo dell'inquinamento atmosferico, soprattutto perché i livelli complessivi di inquinanti, sempre nel mondo occidentale, sono in progressiva discesa, in particolare negli ultimi trenta anni, mentre il fenomeno delle allergie è in netta ascesa nello stesso periodo.


Questi concetti non escludono le influenze dell'ambiente sul sistema immunitario — anzi vedremo come l'ambiente determini indirettamente l'aumento delle allergie ma servono a mettere in guardia contro una visione banalizzante delle interazioni ambiente/individuo.


Le cellule del sistema immunitario si dividono in due grandi popolazioni, denominate linfociti B e linfociti T. Le prime servono a dare origine agli elementi che producono gli anticorpi, incluse le IgE.


I linfociti T invece hanno una duplice funzione: accanto a cellule «killer», per esempio quelle chiamate a eliminare le cellule tumorali o infettate da virus, stanno cellule, i linfociti T helper (TH), dotate di funzioni regolatorie su tutti gli altri elementi, T o B.


L'importanza del ruolo di coordinamento di queste cellule è sottolineata da quel crudele «esperimento di natura» che è l'Aids, dove l'infezione virale distrugge proprio le cellule TH.


I linfociti TH si dividono in due tipi, TH1 e TH2. Le cellule TH1 regolano le risposte immunitarie verso alcuni tipi di microrganismi patogeni, tra i quali il batterio della tubercolosi, i funghi o i protozoi come l'ameba; le cellule TH2, invece, assistono i linfociti B nella produzione degli anticorpi, essenziali per combattere la maggior parte delle infezioni batteriche.


Per milioni di anni il sistema immunitario si è evoluto in un ambiente nel quale era necessario far fronte ad aggressioni microbiche di tutti i tipi: il risultato è il bilanciamento armonico delle funzioni TH1 e TH2.


E adesso, in meno di un secolo, un batter di ciglio nella scala dei tempi dell'evoluzione, la specie umana ha determinato, con gli antibiotici e i vaccini, ma soprattutto col miglioramento delle condizioni igieniche, la sostanziale uscita di scena, almeno nel mondo occidentale, di alcuni agenti patogeni, quelli capaci di stimolare i linfociti TH1, con l'inevitabile conseguenza della prevalenza della popolazione dei linfociti TH2.


Questo vuol dire che le persone già predisposte, per motivi genetici, a produrre quantità elevate di IgE in presenza di determinati allergeni ricevono, in un mondo progressivamente più «sterilizzato», un'ulteriore stimolazione dalla prevalenza dei linfociti TH2, con il risultato di un aumento dei casi di allergia.


Insomma, le allergie sono il prezzo che ci troviamo a pagare per vivere in un mondo più pulito. Non è certamente il caso di rimpiangere quei tempi, almeno da un punto di vista sanitario, ma fenomeni come l'aumento delle allergie danno una misura abbastanza precisa di quello che è stato l'impatto delle tecnologie biomediche negli ultimi decenni. Anche per questo, è giusto che il loro impatto futuro venga discusso con attenzione.