Vuoti di memoria: come nascono e come si combattono

vuoti di memoria

Sapete benissimo cosa volete dire, ma la parola non arriva. Capita a tutti. Sembra un problema da poco. Ma per scoprire come nasce e come combatterlo gli scienziati sono al lavoro da anni.


Capita a tutti, anzi è un fenomeno così universale che in ogni paese del mondo lo definiscono nello stesso modo: sulla punta della lingua o Tip-of-the-tongue (Tot). Sembra un banale e irritante intoppo nella conversazione, eppure dagli anni settanta decine di ricercatori stanno cercando di capire come nasce.


Con quale vantaggio pratico per noi? Imparare una serie di trucchi che permettano di ritrovare le parole giuste e allenare la memoria.


Il recupero del termine adatto è un processo molto complesso perché la parola è come un gomitolo di informazioni che riguardano il significato , la grammatica , il suono . Sedia, per esempio, è quell'oggetto su cui mi siedo, ha quattro gambe e uno schienale, è femminile e singolare, comincia con S e finisce con A, ha l'accento sulla prima sillaba. Ebbene, tutto questo lavoro di recupero e selezione viene compiuto in aree cerebrali differenti.


Per dimostrarlo i ricercatori hanno condotto una serie di esperimenti provocando il fenomeno sulla punta della lingua con parole poco comuni. E’ stata scelta la parola babbuino, si poneva la domanda: il nome di un tipo di scimmia di colore bruno comincia per B o per T, è maschile o femminile?


In certi casi le persone identificavano il genere e non la lettera iniziale, in altri individuavano l'inizio della parola ma non che era un sostantivo maschile. Questo dimostra che il recupero delle due informazioni, genere grammaticale e suono, è regolato da meccanismi diversi e che si crea una specie di dissociazione, un deficit di trasmissione, fra le aree cerebrali coinvolte nell'operazione.


Niente panico, comunque. Avere una parola sulla punta della lingua non è indice di seri problemi di memoria, segnala semplicemente che l'operazione compiuta per dare voce a un concetto non ha funzionato in modo corretto: papiro, babbuino rimangono sospesi in una sorta di limbo mentre il nostro cervello va alla ricerca del suono giusto.



Lo stregemma dell’iniziale


Immaginiamo che a ogni parola corrisponda la casella di un grande classificatore. Ora, se potessimo concentrarci unicamente sulla casella di sedia, sarebbe tutto facile però in realtà pare che non avvenga così. Il suono che noi diamo a un termine è arbitrario e i concetti sono come liste di proprietà, condivise anche da altri concetti. Così se si vuole dire sedia, vengono attivate contemporaneamente altre caselle simili: panca, panchina, sgabello.


La selezione della parola giusta è più difficile e ci si può inceppare. Eppure, se teniamo conto della complessità e della velocità di questo processo, ci accorgiamo che commettiamo pochissimi errori: uno ogni mille parole prodotte nell'arco di millisecondi.


Difficile avere sedia sulla punta della lingua (è un termine molto usato), ma che dire del "divano con cuscini per spalliera, trasformabile in letto"? Di sicuro ne avete sentito parlare, però non riuscite a dirlo. State per ricordarlo, ma vi sfugge. Come recuperare la parola ottomana?


Ripassate l'alfabeto per individuare la prima e l'ultima lettera (le più facili da ripescare), domandatevi dove cade l'accento, quante sillabe potrebbe avere, se è maschile o femminile, singolare o plurale.



Cause dei vuoti di memoria


Il Tot è una forma di smemoratezza e riguarda parole poco usate e poco recenti, che sono disponibili ma non accessibili, tanto che se proponiamo delle parole analoghe una persona è in grado di riconoscerle.


Per recuperare un termine ci si può aiutare con altri simili. Infatti, le conoscenze sono rappresentate nel cervello come una specie di ragnatela con dei nodi nei quali si trovano le parole e fra questi nodi esistono connessioni più o meno distanti tra loro.


Cavallo, per esempio, innesca una serie di collegamenti che si allontanano sempre più dal punto di origine: sella, staffa, animale, stalla. Questi passaggi sono stati verificati con esperimenti detti scientificamente di priming semantico, cioè facilitazione del significato.


Quando una persona vede comparire sullo schermo di un computer la parola pane schiaccia un tasto se ha un senso in italiano, un altro se non lo ha. La risposta avviene in pochi secondi. Se subito dopo appare elefante, impiegherà più o meno lo stesso numero di secondi. Se invece si presenta burro, la reazione sarà più rapida: il tempo si riduce perché il primo elemento facilita quelli che seguono.


Ciò dimostrerebbe che esiste una rete e che nel Tot l'attivazione dei collegamenti è insufficiente.. Come dire: se avete sulla punta della lingua staffa, potete aiutarvi con cavallo o sella.



Jogging per la mente


Ma esiste una categoria di parole ancora più sfuggenti, i nomi propri. Almeno una volta vi sarà capitato l'imbarazzante incontro con una persona che riconoscete benissimo, ma di cui non riuscite a ricordare il nome.


Questo succede perché le distinzioni concettuali sono così sottili che se si deve ricordare Gabriele Mazzini, mi verrà in mente Giuseppe Garibaldi, concetto simile che crea un "rumore", una competizione e provoca frustrazione.


Va ancora peggio se si cerca di ricordare una parola in una situazione di stress emotivo (parlare in pubblico, un colloquio con il capo, un'interrogazione). Prima di tutto non bisogna sforzarsi di ricordare: più si cerca la parola, più l'ansia sale creando un circolo vizioso in cui l'aspetto emotivo prevale su quello cognitivo.


Occorre prendere tempo spostandosi su un argomento parallelo, sviluppare il concetto con altri termini.


Certo, il tempo passa per tutti e il fenomeno sulla punta della lingua aumenta con il trascorrere degli anni. Colpa del deterioramento fisiologico, dicono gli esperti, che rende più difficile accedere al dizionario personale. Per esempio chi ha sempre letto molto e quindi possiede un vocabolario più ricco da "consultare", potrebbe soffrire più frequentemente di Tot.


Ma è anche vero che questo genere di persona comunica sui temi più disparati. Come dire: bisogna parlare molto per tenere ben oliato il sistema e compensare i problemi dell'età. Anzi, occorre allenarsi con le parole crociate che rappresentano un ottimo allenamento mentale.



Cos'è la cattiva sorella?


Ma se la parola giusta si ferma sulla punta della lingua mentre se ne presenta un'altra scorretta, più recente e più usata, è colpa della cosidetta "cattiva sorella".

Un esempio: per rispondere alla definizione di mangiare avidamente, invece del verbo abbuffarsi viene in mente trangugiare che ha un significato simile ma non corretto.


In questi casi c'è poco da fare: l'aiuto a superare il blocco può arrivare solo dall'esterno. Non vi viene il titolo di un film? Parlatene con un amico, anche se non lo conosce: solo il raccontargli la trama, dirgli i nomi degli attori vi avvicina alla meta.


Fate scorrere lo sguardo nella stanza, sulla collezione di videocassette, sulla libreria, una parola o un nome mettono in moto una serie di associazioni che vi porteranno ad agganciare il bersaglio.


In sostanza le interferenze tra stimoli diversi possono riguardare il significato, come la "cattiva sorella", o il suono. Che il Tot sia spiegabile con un deficit di trasmissione, un'attivazione insufficiente o un blocco, noi possiamo comunque rendere più facile l'accesso al nostro dizionario.


Non per evitare il fenomeno, ma per renderlo meno frequente. Perchè non contano tanto le dimensioni del nostro magazzino di memoria, quanto le strategie usate per organizzare le informazioni.